L’ascolto, (e così ogni altro atto, movimento, espressione), se non siamo presenti, è automatico.
Può essere informato, educato, colto, appassionato, dedicato, ma allo stesso tempo automatico, quindi limitato a ciò che già conosciamo.
Anche quando scegliamo di ascoltare un brano musicale, nel momento in cui i suoni si susseguono e la musica suona, cosa stiamo davvero ascoltando?
I nostri pensieri, giudizi, pre-occupazioni, varie forme di analisi su questa musica? O, trasportati dalle emozioni che essa ci comunica, il flusso di pensieri e sogni ad occhi aperti che ne scaturiscono?
Per aspiranti musicisti ma anche per persone che fanno parte di un pubblico potrebbe essere interessante esplorare:
Come cambia la qualità dell’esperienza della musica quando si ascoltano i suoni così come sono, nel loro susseguirsi, come se fosse la prima volta?
Cosa vuol dire essere presenti?
Ci sono varie scuole e pratiche che affrontano questa domanda.
Con la tecnica Alexander partiamo dal rivolgere l’attenzione al nostro corpo nel qui e ora.
Vediamo che essere presenti e ascoltare sono intimamente connessi.
Essere presenti invita quiete da dentro a fuori, la quiete invita l’ascolto, l’ascolto invita la musica.
E’ l’inizio di una pratica.